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09 Giugno 2019 – Don Romano Nicolini – INFLUSSO DEL LATINO ECCLESIASTICO NEL CONTESTO DELLA SOCIETÀ CIVILE

DON ROMANO NICOLINI

INFLUSSO DEL LATINO ECCLESIASTICO NEL CONTESTO DELLA SOCIETÀ CIVILE

RELAZIONE ALLA RUBICONIA  ACCADEMIA DEI FILOPATRIDI DI SAVIGNANO SUL RUBICONE

9 GIUGNO 2019

PREMIAZIONE XVI EDIZIONE CONCORSO DI LINGUA LATINA CERTAMEN CAESARIANUM AD RUBICONEM

 

Gentili Signori, illustri docenti e cari studenti ,

non ho parole per ringraziare i responsabili della  Rubiconia Accademia dei Filopatridi per l’incarico che mi hanno conferito. Vi confesso che mi sento profondamente  impari alle legittime attese che nutrite.

L’unico mio merito, se così si può dire, è che in  56 anni di vita come sacerdote, non ho mai interrotto il mio amore alla Chiesa Cattolica Romana che ha il latino come lingua ufficiale . Essa ha favorito la mia frequentazione della lingua latina: dapprima come studente di teologia nel Pontificio Seminario Romano , a Roma, in seguito come docente di religione nel liceo classico “ Giulio Cesare” di Rimini e infine nella organizzazione di una serie sterminata di gare e iniziative prodotte per attivare una serie  di gare di conoscenza del latino.    Dopo il  LATINUS LUDUS di Mondaino,  mi sono dedicato a quella che considero l’ultima spiaggia: sostenere il ritorno dello studio delle basi della lingua latina per  tutti nelle scuola media. A tal fine ho compilato un libretto che è pervenuto, sempre gratuitamente, sui tavoli di circa 70.000 ragazzi.  Sembra molto ma è una piccolissima goccia d’acqua per salvare la  lingua di Roma.

LINGUA DI ROMA? Certo! Ci mancherebbe altro che lo disconoscessi ma in questa occasione mi permetto aggiungere un altro complemento di specificazione : LINGUA DELLA CHIESA DI ROMA. Vedrete che le benemerenze della Chiesa di Roma nei confronti del latino non sono da meno di quelle  dei licei classici. Vi parlerò della bellezza e magnificenza delle espressioni latine  nate in chiesa ma che risuonano spesso  alle vostre orecchie anche in  contesti non – ecclesiastici .

  1. MISERERE: è l’incipit del salmo 50 dove Davide chiede perdono per il  suo pessimo comportamento nei confronti di Urìa che fa morire in battaglia pur di avere sua moglie Bersabea. Miserere è l’imperativo presente, seconda persona singolare  del verbo deponente misereor e significa: “Abbi misericordia, compassione” di me.- Inaspettatamente questa parola così densa di significato è entrata nel vocabolario comune tanto che il cantante Zucchero ( Adelmo Fornaciari ) ha composto una canzone con questo titolo eseguita anche nella Albert Hall di Londra assieme a Luciano Pavarotti. Questo salmo è stato musicato da Allegri e dal nostro compaesano Canonico Matteo Tosi. Sapreste esprimere in italiano un  sentimento avente la densità  del latino “ Miserere”? No, è impossibile.
  2. DE PROFUNDIS : è l’incipit del salmo  130  e significa: “Dai profondi luoghi, dagli inferi”. E’ ablativo plurale di un complemento di moto da luogo o di provenienza . E’ una frase di profonda umanità tanto che è usata abitualmente  nelle liturgie funebri. Non è raro che venga utilizzata nelle discussioni politiche per indicare che qualcuno vuole venire a galla anche se è stato sotterrato politicamente da molto tempo.
  3. REQUIEM : è l’accusativo singolare del termine requies che indica: pace , riposo. Di solito è correlato alle parole: AETERNAM DONA EIS DOMINE: Signore dona ad essi un riposo eterno. – Tutti andiamo con la mente al titolo con il quale viene indicata la suprema  opera musicale della MISSA DE REQUIEM  di Mozart. A mio parere, questa opera ( mai finita a causa della morte dell’autore) è il vertice supremo del genio tedesco ( Mozart è austriaco) , della religiosità cattolica ( la Messa è in rito cattolico) e della nobiltà della lingua latina. Questa opera sublime viene eseguita praticamente da tutte le orchestre  del mondo: ovunque accada, è necessario che in ogni paese ci sia almeno un esperto di lingua latina per  rendere nella lingua locale la pregnanza dei termini latini. Ma chi può riuscire a trascrivere  in un’altra lingua la maestà del  titolo latino: MISSA DE REQUIEM?  Nessuno!
  4. Accanto a questo termine latino  va collocata la frase : “DIES IRAE, DIES ILLA: giorno di ira (sarà) quel giorno”.  E’ l’incipit della sequenza , dopo la prima lettura, con la quale si riflette sulla morte nel contesto della Missa de Requiem di cui si parlava sopra. Indica la suprema potenza con la quale Gesù Cristo, assiso sul trono del giudizio universale, presiede alla fine del mondo facendo collassare  le stelle ed i pianeti : tutti noi lo vediamo con la fantasia nell’affresco di Michelangelo , dentro la Cappella Sistina. Sia in Mozart che in Verdi queste parole  sono interpretate con una esaltante partecipazione di tutti gli strumenti orchestrali presenti sul palco richiesti di esprimere al massimo tutta la loro capacità vocale  :  ci sono termini con cui si potrebbe rendere in italiano la possanza terribile delle parole latine? No, è impossibile! O si leggono così, in latino, o è meglio cambiare argomento. Un richiamo alla attualità: nella cattedrale di Notre Dame, a Parigi, anni fa si eseguì la Missa de Requiem di Berlioz con la partecipazione di 240 interpreti. Uno dei momenti indimenticabili fu quando il coro intonò il Dies irae accompagnato da una immensa orchestra forte di un numero sterminato di trombe e di 20 timpani che rullavano in maniera ossessiva.  E’ stato un concerto imponente diventato, purtroppo, anche presagio della sorte infausta della medesima cattedrale. 
  5. VIA CRUCIS: VIA DELLA CROCE. Indica la terribile esperienza di Gesù che, caricato del peso della croce, deve attraversare Gerusalemme  sotto gli occhi e le offese di tutti. E’ un termine ecclesiastico ma viene usato quando una persona, per esempio , un ammalato, deve passare da un ospedale all’altro per cercare di guarire. Suscita sempre molta compassione. Si può applicare anche a voi ragazzi quando  dovete passare da una materia antipatica ad un’altra successiva ancora più ostica.
  6. AVE MARIA : pochi italiani rammentano che queste parole sono latine: “ Ave”, in latino, significa” Salve, ti saluto”. E’ una delle musiche più eseguite in assoluto, soprattutto nella versione musicale di Schubert e Bach – Gounod.  Inutile negare che la commozione attanaglia gli animi quando  viene eseguita. Forse la più coinvolgente è la Ave Maria di Gounod che la Metro Goldwin Mayer regalò al mondo intero con la esecuzione del grande tenore Mario Lanza che duetta con Luciano Pavarotti, chierichetto e voce bianca , che lo affianca con assoluta  perfezione e nitidezza di stile.-   Una inattesa esecuzione è avvenuta due anni fa a Maastricht ( Olanda) quando , davanti ad un uditorio di circa 10.000 persone, la orchestra di Andrè Rieu ha regalato il canto dell’Ave Maria di Schubert in un ambiente profano come una piazza. Non è da meno l’Ave Maria di Schubert eseguita da Bocelli davanti a tutta l’arena di Verona piena fino all’inverosimile. L’Ave Maria eseguita da Lanza, Pavarotti ,Andrè Rieu e Bocelli sono tutte sempre e solo  in latino: del resto , in quale altra lingua  avrebbero potuto raggiungere una simile perfezione? Impossibile trovarla: o in latino o niente!
  7. REGINA COELI : tradotto significa: “ Regina del cielo”. Qualunque italiano che legga i giornali apprende che nel carcere romano di Regina Coeli vengono racchiusi  i terroristi più pericolosi e i delinquenti più efferati. Ma perchè un carcere così famoso ha un titolo latino? Semplice: nei primi  anni dell’Ottocento   una congregazione di suore “ mantellate” allargò il  convento per assistere personalmente le donne incarcerate per i più vari delitti. Ovviamente, le suore  conservarono il nome latino, quello che viene attribuito alla Madonna “ regina del cielo”. Da notare : mai, nella storia della umanità, è accaduto che un gruppo di persone si siano volontariamente recluse ( come le suore mantellate) per fungere da madre e sorella ad una altra donna tenuta prigioniera per un delitto.
  8. ANGELUS : il testo completo è : ANGELUS DOMINI NUNTIAVIT MARIAE: l’angelo del Signor portò l’annuncio a Maria.   Questa preghiera viene recitata, di solito, al mattino, a mezzogiorno ed alla sera  e ricorda il mistero della incarnazione del Signore. Al suono delle campane chi, nei campi, le ascoltava  sapeva a quale ora ci si trovava. Su di essa e sul fascino che esercita il tintinnio delle campane hanno scritto parole bellissime Dante, Manzoni, Pascoli e, incredibilmente, il protestante George Byron.  Nel 1968 è stato girato  un film nel quale si parla di quattro pistoleros che compiono sempre imprese al momento dell’Ave Maria, cioè al suono dell’angelus dal campanile. Inaspettatamente, questo film italiano è stato doppiato in  14  lingue.
  9. DEO GRATIAS : sottinteso : AGIMUS  ovvero: rendiamo grazie a Dio. E’ una frase latina abbastanza diffusa anche in ambito profano poiché fotografa con una plasticità assoluta una sensazione: chi dice “ Deo gratias” fa intendere che un certo tipo di problema si è finalmente risolto. 
  10. STABAT JUXTRA CRUCEM MATER EIUS:SOTTO LA CROCE ( DI GESU’) STAVA LA SUA MADRE, lo dice l’evangelista Giovanni che era presente sotto la croce, sul Calvario.  A prima vista la parola “ stabat” la traduciamo con una semplice terza persona indicativo imperfetto del verbo stare della prima coniugazione: “stava” . Ma il latino è molto altro: “stare” , in latino, significa anche “ stare saldi, stare in piedi, stare in maniera solenne”. Tutta la iconografia rappresenta Maria che sta in piedi sotto la croce e non esce nelle disperate  ( ovvie) posizioni corporee di chi viene aggredito da un dolore senza pari. Anche Jacopone di Todi, nell’inno “ STABAT MATER ( secolo 13°   ) non sa dare inizio al suo meraviglioso canto con un altro termine. Secondo la sana teologia, la Madonna ha vissuto la terrificante esperienza della morte di suo figlio con una dignità immensa. Ecco perché il termine latino “ stabat”  descrive appieno la realtà. Questo inno, con le medesime parole, è stato musicato da un numero sterminato di autori classici.
  11. HABEMUS PAPAM : è l’annuncio popolarissimo con il quale il cardinale decano di Santa Romana Chiesa annuncia  la avvenuta elezione del nuovo papa. E’ una frase di facilissima comprensione ma che , nella sua ieraticità, indica la  comunicazione di una decisione irrevocabile. Non raramente viene usata per indicare la nomina di un capitano di industria, di un capo di governo, di un vincitore assoluto. 
  12.  SIC TRANSIT GLORIA MUNDI: COSI’ PASSA LA GLORIA DEL MONDO. E’ la frase che ripeteva tre volte ( ora non più) un cerimoniere quando il Papa, appena nominato, entrava in san Pietro . Il cerimoniere faceva vedere, con tre soste distinte,  una asta di ferro sormontata da un piattello sul quale era collocato un batuffolo di cotone: esso era imbevuto di olio e bruciava. Il cerimoniere ricordava al nuovo papa che la gloria del mondo passa con la rapidità di un batuffolo di cotone bruciante. – Questa frase è diventata proverbiale e  uso comune tanto che è stata usata da un ex capo di governo per indicare la fine  del ciclo di potere di un suo successore.
  13. INSERTO .  A questo punto mi corre l’obbligo di spiegare perché mai la Chiesa Cattolica continua ad usare la lingua latina come lingua ufficiale. Forse non tutti sanno che ogni documento vaticano fa testo solo nella lingua latina: accanto ad essa, naturalmente, ci sono sempre le traduzioni nelle lingue correnti ma ogni discussione ha termine  unicamente quando si legge il termine latino. Sia nelle definizioni dogmatiche che in quelle amministrative occorre sempre andare a leggere il testo originale in latino. Esempio: nel 1912 il conte Vincenzo  Gentiloni ( nonno del senatore Paolo Gentiloni) chiese al Papa se era opportuno che i cattolici entrassero nella vita politica ufficiale invece che rimanere nel chiuso delle sacrestie. Il Papa rispose con un termine latino : “NON EXPEDIT= NON CONVIENE, NON E’ OPPORTUNO” ”. Il conte Gentiloni , che conosceva perfettamente il latino e caldeggiava fortemente l’ingresso dei cattolici nella politica, rispose entusiasticamente al Papa mettendolo però in minoranza. Infatti il termine latino “ Non expedit” non significa “ E’ vietato, è proibito” ma soltanto “ Non è opportuno, non conviene”: quindi lasciava mano libera la conte di procedere come gli sembrava opportuno. Questo è solo un esempio di come la traduzione in latino di un documento pontificio abbia una rilevanza anche pratica non indifferente.
  14. E’ per tale motivo che sento la necessità di tessere l’elogio di un traduttore ufficiale della Santa Sede : Monsignor Guglielmo Zannoni, nato a Riccione nel 1915 e deceduto a Roma nel 2005.
  15.   Era nato da una famiglia di agricoltori tanto povera che la madre supplicò la maestra di fargli ripetere la quinta elementare perché non aveva i soldi per comprare i libri della scuola successiva.

Entrato in seminario, rapidamente ricuperò la distanza che lo separava dagli altri ragazzi così bene che, divenuto sacerdote, fu traduttore latino dei documenti ufficiali della Santa Sede per quasi 40 anni. Lo voglio ricordare come maestro gentile e paterno, mai saccente o giudicante; sempre però minuzioso fino alla ossessione per la correttezza di una frase. Una volta mi scrisse cinque volte , da Roma, per rettificare una frase dedicatoria. Fra le tante espressioni del suo genio, come gioiello finale, ve ne cito una con infinita ammirazione e commozione: trascritta su un quadro la lascio all’archivio della Rubiconia Accademia dei Filopatridi. Essa suona  : 

“Quae in  pectore  nostro – germina sancta sevisti – iam edunt flores – quos tibi porrigimus –  Quei germogli santi che hai seminato nel nostro cuore , già sboccian qual fiori che a te porgiamo”.

Don Romano Nicolini
(Diocesi di Rimini)