Domenica 18 maggio 2025 alle ore 10.00
nell’Aula Magna della Rubiconia Accademia dei Filopatridi
il
Prof. MARCO MAGGIORE
Professore Associato di Linguistica italiana – Dipartimento di Filologia Letteratura e Linguistica – Università di Pisa
terrà una relazione dal titolo
LA ROMAGNA NELLA
“DESCRITTIONE DI TUTTA ITALIA”
DI LEANDRO ALBERTI (1550)
Breve profilo del relatore
Marco Maggiore insegna Linguistica italiana all’Università di Pisa. Nei suoi lavori si occupa prevalentemente
di storia della lingua e dei dialetti d’Italia, con particolare riguardo per il medioevo e la prima età moderna. Ha
pubblicato e studiato numerosi testi medievali della Toscana e dell’Italia centro-meridionale. Collabora con
alcuni tra i più importanti progetti scientifici nei settori dell’etimologia e della lessicografia storica
dell’italiano, come il Tesoro della Lingua Italiana delle Origini (Firenze), il Lessico Etimologico Italiano
(Saarbrücken, DE) e il Dictionnaire Étymologique Roman (Nancy, FR).
Sunto della relazione
La Descrittione di tutta Italia dell’inquisitore e domenicano bolognese Leandro Alberti, stampata per la prima
volta a Bologna nel 1550, è una pietra miliare nella storia culturale italiana, e rappresenta un’opera di primaria
importanza per la tradizione degli studi geografici dedicati al nostro paese. Come dichiara il titolo, si tratta
infatti della prima descrizione integrale della penisola italiana a essere composta interamente in volgare.
L’opera segue il modello delle trattazioni corografiche dell’età umanistica, che fondevano notizie geografiche
con informazioni storiche, archeologiche ed erudite di varia natura, ma da queste si distacca in modo decisivo
innanzitutto per la scelta della lingua, che appunto il volgare e non più il latino. Tale scelta dell’Alberti segnala
un’apertura a un pubblico nuovo, ben più ampio delle ristrette cerchie dei dotti: la Descrittione, non a caso,
avrà un ruolo notevole nel delineare gli orizzonti e le aspettative dei viaggiatori che, alle soglie della nascita
del turismo moderno, percorrevano la penisola per visitarne gli innumerevoli luoghi di interesse archeologico
e paesaggistico, attentamente segnalati dal frate domenicano. Un’altra novità decisiva è rappresentata dalla
scelta dell’Alberti di includere nella sua descrizione anche le isole italiane, solitamente escluse da questo tipo
di descrizioni: una scelta che concorse a costruire l’immagine dell’Italia che giunge fino ai giorni nostri.
Eppure ben pochi oggi conoscono la Descrittione, che è tuttora priva di un’edizione critica integrale, anche se
nell’ultimo trentennio sono apparse alcune edizioni parziali dedicate a singole regioni: da segnalare almeno il
volume di Giancarlo Petrella L’officina del geografo (Milano, 2004), che propone un ampio studio sull’opera
insieme a un saggio di edizione dedicato alla Toscana e alla Lombardia. L’oblio che ha interessato l’opera è
dovuto in notevole parte ai cambiamenti intervenuti nel gusto dei lettori. Opera di dimensioni pantagrueliche,
la Descrittione è infatti caratterizzata da un accumulo strabordante di informazioni erudite, tale da scoraggiare
inesorabilmente i non addetti ai lavori. Inoltre, alla marginalità dell’opera contribuì anche la fama sinistra
dell’autore Leandro Alberti, inquisitore domenicano il cui nome restò associato anche a un episodio tragico
come il rogo che, a Mirandola nel 1522-23, tolse la vita a dieci presunti eretici.
Eppure, come la relazione si prefigge di dimostrare, dalla Descrittione è possibile oggi ricavare una grande
mole di informazioni di notevole interesse sull’Italia del primo Cinquecento, che l’inquisitore bolognese ebbe
modo di percorrere in gran parte, specialmente in occasione di un lungo viaggio compiuto negli anni 1525-
1528 al seguito del maestro generale dei domenicani Francesco Silvestri da Ferrara. Di questo viaggio, e delle
vivide impressioni che ne ricavò, l’Alberti lascia spesso traccia nell’opera, restituendoci preziosi resoconti di
esperienze, di dialoghi e di situazioni realmente vissuti nelle più disparate provincie della penisola: facendo la
tara della pesante erudizione libresca e dei molti errori e incoerenze che affliggono l’opera, il lettore moderno
può così recuperare preziosi tasselli della storia culturale e sociale del nostro paese.
La relazione si prefigge di esaminare diversi esempi tratti dall’opera, dedicando un approfondimento
particolare al capitolo sulla Romagna, che rappresenta la quattordicesima regione descritta da Alberti. Questa
sezione dell’opera, come avviene di norma per le regioni settentrionali, mostra una forte dipendenza dalla
principale fonte utilizzata da Alberti, il trattato latino Italia illustrata dell’umanista forlivese Biondo Flavio
(1392-1463). Naturalmente i passaggi di maggior interesse sono quelli in cui l’Alberti si discosta dalle sue
fonti erudite, fornendo informazioni e testimonianze di prima mano. L’esposizione si prefigge di evidenziare
anche i cambiamenti intervenuti nel corso dei secoli nell’immagine della regione, a partire dai suoi confini
geografici che, nella trattazione di Alberti come già in quella di Biondo, non coincidono con quelli attuali.